Proteggere utenti e community in un ambiente culturale intossicato: una chimera?

Francesco Scarpelli

7 Marzo 2025

Francesco Scarpelli

7 Marzo 2025

Nell’era digitale i social media sono cruciali per la conduzione dei discorsi politici. Questa narrazione quotidiana, multiforme e capillare, tuttavia, genera una evidente proliferazione di contenuti polarizzanti e tossici. 
X (l’ex Twitter) è l’emblema di questa tendenza: il via libera dichiarato ai discorsi divisivi e all’uso della propaganda ha spinto e spinge molti utenti a migrare verso piattaforme come Bluesky, che promuovono ambienti social più simmetrici, ponderati e decentralizzati.
La sfida per equilibrare libertà di espressione e contrasto a contenuti abusivi e comportamenti tossici, è ancora tutta da giocare, e un’auspicabile riduzione della violenza verbale nel discorso pubblico richiede un approccio consapevole, proattivo, e diffuso.


La tossicità di contenuti e comportamenti online riflette tre problemi principali:

  • la manipolazione algoritmica e di architettura, che indirizza i contenuti e polarizza in pubblici verticali;
  • la carenza di strumenti e azioni efficaci per prevenire e intercettare comportamenti abusivi;
  • il perpetuarsi di culture comunicative che normalizzano o addirittura sfruttano ostilità e violenza verbale, specie quando non è superata la soglia penale, o favoriscono le censure di voci e posizioni dal discorso online.

In tal senso, è significativo quanto doloroso tornare alle statistiche sulle molestie, che vedono le donne  e le minoranze di genere vittime privilegiate di violenze verbali anche online. 

Ed è altrettanto significativo che nell’anno appena trascorso, segnato dalle tragedie di Giulia Tramontano e Giulia Cecchettin, i profili social dei familiari, siano stati insultati e bersagliati per i loro appelli e le loro dichiarazioni contro i femminicidi e contro la cultura patriarcale. 

Fare sì che un dibattito su temi così radicati, cruciali e scomodi possa svolgersi online al riparo da pericolose interferenze; sforzarsi di rielaborare schemi anacronistici di matrice socio-culturale senza che ciò scateni tempeste o censure, diventa la sfida da raccogliere per chiunque si trovi online, un’urgenza di crescita e di responsabilità superiori. 

Per affrontare la complessità di questa sfida, è necessario mettere a punto e combinare regolamentazioni stringenti con il rispetto della libertà di informazione e di espressione. Guardare con fiducia pedagogica alle generazioni future, e sfruttare al meglio la crescita tecnologica, come quella dell’intelligenza artificiale; per lavorare a un complessivo cambiamento, capace di responsabilizzare piattaforme, aziende e imprese, legislatori e utenti, cittadini dello spazio virtuale. 

Il mondo dei social, e tante community circolari della rete, sono ancora lontani da questi obiettivi, la strada è appena cominciata. 

Politica e social, intreccio esplosivo

Le recenti elezioni presidenziali americane, a detta di molti, hanno sancito il passaggio definitivo della conversazione e della competizione politica verso l’ambiente cross mediale, che si declina soprattutto sui canali social e le piattaforme stream, soprattutto YouTube e Twitch. Normale sia così, come per tutti gli altri discorsi plurali, e come accade a ognuno di noi ogni giorno per tutti gli interessi e le attività verticali che ci riguardano e creano immaginario collettivo, e poi cultura: lavoro, consumi, hobby, musica, istruzione, investimenti, viaggi…  Una svolta epocale non nuova anzi, in pieno compimento, che vede ancora tanti entusiasti. Meglio il web per connettersi, dicono,  fare acquisti, organizzare spostamenti e viaggi, meglio i social del mainstream, per informarsi. 

Siamo all’alba dell’era digitale, e nella sua complessità, lo abbiamo appena scritto, lo scenario presenta risvolti e interrogativi sostanziali. In merito alle influenze, giacché anche i social vivono di investimenti e si relazionano con società e istituzioni; in merito alle concentrazioni e al controllo (anche algoritmico) dei canali dove idee, opinioni e comportamenti si diffondono e consolidano, e naturalmente in merito alla ‘tossicità’ di comportamenti e interlocuzioni. Fin dalla vicenda di Cambridge Analytica, tali temi sono oggetto di studio sui quali si genera, per fortuna, un dibattito largo e approfondito che produce valide teorie, psicologiche e sociologiche, che spaziano dalla  formazione di bias e pregiudizi alle fake news, alla disinformazione e alla propaganda, dai conflitti di interesse, di qualsiasi natura, al ‘peso’ economico e finanziario, spesso smisurato quando non monopolistico, di proprietari e finanziatori.

Citizen X: il social Billionaire

Senza entrare nel merito di queste problematiche, interessati a focalizzare il tema della ‘tossicità’ nel discorso politico sui social, abbiamo seguito gli ultimi tre mesi di campagna presidenziale USA (agosto, settembre e ottobre 2024) proprio su X. Il social più esposto e schierato, perlomeno in modo esplicito e sensibile, dal suo stesso proprietario, che lo ha acquistato per l’esatto scopo influenzare lo storytelling politico oggi e per tanto tempo. Come prevedibile, abbiamo constatato un aumento significativo, quando non progressivo, di contenuti ‘tossici’, oltre che di abituale disinformazione. Un incremento alimentato da diversi fattori, presenti e riscontrabili, in misura minore per la verità, anche su piattaforme di altri canali.

Great balls of fire

In primo luogo si è colta la retorica incendiaria dei candidati, che hanno diffuso in abbondanza messaggi chiave polarizzanti.
In particolare il vincitore, Donald Trump, riammesso sul social da poco più di un anno, ha impiegato tutto il suo repertorio linguistico e prossemico, irridente e aggressivo, arrivando a definire i suoi avversari politici ‘vermi’, ‘comunisti’, pazzi, criminali, facendo più volte riferimento a un possibile “bagno di sangue” in caso di sconfitta repubblicana. 

Non sono mancati neppure evidenti casi di “interferenze straniere” con relativi bot e account fake: gruppi di attivisti come Storm-1516, legati all’intelligence russa, hanno intensificato presenze e attività, diffondendo ad arte disinformazione e teorie complottiste.
In modo analogo si sono mossi alcuni movimenti estremisti e suprematisti interni agli Stati Uniti, come gli ormai noti e immancabili attivisti di QAnon, i seguaci di Steve Bannon, e gli stessi sostenitori di MAGA, che hanno diffuso a piene mani narrazioni infondate in un clima reso fosco dall’attentato a Trump. Riguardo ai candidati, all’attentato stesso, e al processo elettorale, alimentando la sfiducia nelle operazioni in corso.
A riguardo, è stato diffuso un video che mostrava la distruzione di schede elettorali giunte via posta, successivamente smentito dalle autorità della Pennsylvania.

Uno dei fattori chiave nella vittoria di Trump e delle destre, secondo alcuni analisti, sta proprio nella sua capacità di aver superato il momento drammatico dell’attentato, alzando il pugno e andando avanti senza vittimismo, col sorriso sulle labbra e Hulk Hogan al fianco. 

A noi italiani, Trump ferito all’orecchio fa ricordare il volto diafano di Berlusconi, colpito dal pesante bronzetto del duomo di Milano ricevuto in faccia nel 2009: un legame incidentale che sottolinea la rilevanza del ‘corpo’ nella narrazione/dimensione politica. 

Ban e automoderazione

La scorsa primavera X ha dichiarato il proprio impegno per implementare nuove misure di contrasto ai fenomeni di disinformazione e violenza; nei fatti però ha ridotto drasticamente il team interno di moderatori, demandando l’attività di moderazione quotidiana ai sistemi software e a uno sparuto esercito di volontari selezionati tra gli utenti iscritti e verificati.
La mitologica spunta, acquistabile su abbonamento, che obbliga a depositare un documento di identità come certificazione, è forse la misura più significativa messa in pratica dalla nuova proprietà e dirigenza del social che prima era blu, ed oggi è nero. 

In modo simultaneo, in virtù della sua crociata contro “woke” e “cancel culture”, i movimenti BLM, #metoo e LGBTQ+, Musk ha reintrodotto utenti precedentemente ‘bannati’ a causa dell’uso di espressioni d’odio e razziste, quasi tutti influencer e politici di estrema destra, o gruppi suprematisti e nazionalsocialisti, e naturalmente Trump, ergendo a scudo la libertà di espressione garantita dalla costituzione americana. 

Di conseguenza la piattaforma ha faticato a contenere l’ondata di contenuti tossici durante questo periodo cruciale, giunto al termine di una lunga fase che ha visto la rete dividersi in modo radicale di fronte alla più drammatica pandemia del mondo moderno e subito dopo a una crisi geopolitica che incombe ancora in varie aree del pianeta.

Polarizzazione e propaganda: una strategia comunicativa

D’altro canto, la stessa attività di Elon Musk, in qualità di editore e utente influencer tra i più visibili sulla sua piattaforma, può essere letta come una precisa “linea editoriale”, e non ha contribuito a rendere credibili gli sforzi dichiarati, mentre è stata definita ‘tossica’ da molti osservatori, nel contesto sociale e comunicativo del discorso politico e propagandistico, americano e globale, degli ultimi due anni.Musk ne fa una cifra comunicativa, una firma e una strategia, in uno scenario che sempre più somiglia a quelli distopici, descritti non senza fascinazione da Casaleggio e Grillo nei due decenni scorsi. Spesso, se non quasi sempre, Musk utilizza X per condividere opinioni controverse e sconfinate, provocatorie o apertamente divisive su argomenti sociali, scientifici, tecnologici e industriali, culturali e politici, come dimostra l’intrusione a gamba tesa sui giudici italiani in merito al conflitto con la politica anti immigrazione del governo Meloni o la promessa di finanziare la prossima campagna elettorale di Nicolas Farage, eroe della Brexit e paladino della destra sovranista britannica. 

A prescindere dall’efficacia, che pare evidente, questi interventi che toccano e hanno toccato in modo ricorrente tutte le crociate abbracciate dal tycoon sudafricano, hanno sempre suscitato dibattiti accesi, degenerando talvolta in ancor più aspri conflitti verbali tra utenti. Risulta evidente che il suo stile di comunicazione diretto, spesso caustico, incoraggia atteggiamenti simili tra seguaci entusiasti e utenti, e provoca i suoi hater, alimentando dinamiche biunivoche di trolling, irrisione e mancanza di rispetto, quando non di delegittimazione.

Fuga da X e il nuovo approdo su piattaforme emergenti

Le crescenti dinamiche tossiche su X, tuttavia, non sono senza conseguenze, e spingono un numero sensibile di utenti a cercare spazi social alternativi.
Dopo la recente vittoria di Trump, diverse fonti hanno riportato un significativo esodo di utenti in uscita da X. Secondo molte stime, almeno 100.000 persone negli Stati Uniti avrebbero cancellato il proprio account soltanto nel giorno successivo al risultato elettorale.

Parallelamente, piattaforme alternative hanno registrato un notevole incremento di nuovi iscritti. Bluesky, ad esempio, sta lievitando e mentre scriviamo ha superato la soglia di 22 milioni di utenti globali, contro i 10 milioni di fine settembre; è quella che sta registrando la crescita più significativa. 

Portabilità di dati e contenuti

Nata come progetto interno a Twitter, e resa indipendente nel 2021, si distingue per il suo approccio decentralizzato e per l’utilizzo del protocollo ATP (authenticated transfer protocol) che garantisce maggiore libertà e controllo dei propri contenuti da parte degli utenti. L’elemento di novità che attrae, in termini social, sta nel fatto che, come i nostri numeri di telefono cellulare, dati e contenuti appartengono per contratto agli utenti, e possono essere rimossi o spostati definitivamente. Questo è utile se, ad esempio, il server scelto inizialmente adotta regole indesiderate non previste all’ingresso, o non garantisce più sicurezza rispetto alle destinazioni d’uso e condivisione con terzi.

La fuga da X e verso Bluesky riflette il desiderio di molti utenti di abbandonare un luogo virtuale che è cambiato nel profondo, tanto che alcuni fan di prima non lo riconoscono e detestano la nuova frequentazione, al punto da definirlo una “cloaca digitale”, come ha apostrofato Elio di Elio e le storie tese. Questo “radical exodus” è un piccolo fenomeno sociale, che segnala la richiesta da parte di un pubblico numeroso, di ambienti digitali meno polarizzati e più sicuri, in grado di favorire dialoghi e linguaggi più costruttivi e sereni.
La crescita di Bluesky, in definitiva, evidenzia l’urgenza di ripensare anche la gestione delle comunità online, puntando a modelli più trasparenti e rispettosi, implementando strumenti di scelta biunivoca e strumenti di moderazione capaci di bilanciare la libertà di espressione con la necessità di tutela degli utenti e innocuità degli spazi e dei contenuti condivisi. 

Si propongono pertanto come una risposta concreta alle crescenti problematiche delle piattaforme tradizionali. È tutta da vedere se riusciranno a mantenere questi valori nel tempo, o se invece cederanno alle stesse dinamiche di centralizzazione e tossicità che vanno ben oltre la sfera narrativa politica e propagandistica.

Oggi se non altro la sfida per equilibrare libertà di espressione e contrasto a contenuti abusivi e comportamenti tossici si è aperta in modo esplicito. L’auspicabile riduzione della violenza verbale nel discorso pubblico, del resto,  richiede un approccio consapevole, proattivo e diffuso. In tale contesto, anche le istituzioni e i leader politici stanno prendendo posizione. 

Lo scorso dicembre il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha espresso la sua preoccupazione per l’uso distorto dei social, evidenziando come possano diventare strumenti di divisione e manipolazione della realtà e sottolineando i rischi derivanti dalla concentrazione di enormi capitali e potere tecnologico in poche mani, che possono sfuggire a qualsiasi regolamentazione, mettendo in pericolo le istituzioni democratiche. Mattarella ha richiamato l’attenzione sulla necessità di consolidare le istituzioni democratiche come unico argine agli usurpatori di sovranità. Poche settimane dopo, durante il World Economic Forum a Davos, il Primo Ministro spagnolo Pedro Sánchez, ha criticato i magnati della tecnologia come Elon Musk, accusandoli di corrompere la democrazia per fini economici. Sánchez ha proposto misure radicali e difficili da mettere in atto, come l’iscrizione degli utenti a registri pubblici e la totale trasparenza negli algoritmi, allo scopo di evitare eccessive polarizzazioni e impedire pericolose  manipolazioni sociali. Infine, ha suggerito che i proprietari dei social siano ritenuti per legge responsabili dei contenuti pubblicati, al pari degli editori e dei direttori delle testate giornalistiche. 

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