14 Maggio 2025
14 Maggio 2025
Nell’era dell’hype costante, la visibilità dei brand non è mai neutra: comunicare significa mettersi in gioco, ma anche in discussione. L’interazione digitale ha spalancato nuove possibilità, ma ha anche esposto brand e testimonial – a un ambiente in cui il dibattito si polarizza subito, e ogni parola può diventare un’arma a doppio taglio. Esploriamo alcuni casi emblematici di comunicazione divisiva o contestata, per capire come la tossicità online può influenzare le strategie di marketing e il posizionamento di marca.
Come osservato nella vicenda Bud Light e nel Pandoro Gate, la tossicità online è un fenomeno evidente che emerge anche nel digital marketing. Le interazioni tossiche possono influenzare la percezione dei brand e l’efficacia di campagne di comunicazione e piani editoriali digitali, così come mettere a rischio parti di pubblico, o i personaggi pubblici coinvolti nella comunicazione.
Nel 2019 Gillette lancia una campagna con un claim molto efficace, quanto a semantica: The Best Men Can Be. La campagna, che nelle intenzioni esordisce in America ma è pensata come global, parte con uno spot adv che affronta di petto la responsabilità maschile tossica, e si pone a fianco del movimento #MeToo proponendo una riflessione critica sugli stereotipi legati alla mascolinità, per chiudere incoraggiando a “essere i migliori uomini possibili“.
Un segmento del pubblico maschile, in particolare alcuni gruppi di attivisti conservatori e tradizionalisti, ha interpretato il messaggio come un attacco alla propria identità virile, dando vita a campagne di boicottaggio analoghe a quelle descritte per Bud Light.
Sebbene la campagna abbia attirato l’attenzione positiva di una fetta consistente del pubblico in target, più progressista e contrapposta ai primi su questi temi, lo spot ha accumulato milioni di dislike su YouTube, accompagnati da migliaia di commenti denigratori, e molti influencer hanno invitato gli utenti a distruggere o smettere di acquistare i prodotti Gillette.
Anche in questo caso le vendite del brand sono diminuite, e nei mesi successivi Gillette è stata costretta a riformulare il proprio approccio comunicativo.
A giugno 2020, durante il mese dedicato al Pride LGBTQ+, Starbucks ha lanciato una serie di iniziative dichiarando apertamente il sostegno ai diritti delle minoranze di genere, e ha inaugurato una partnership duratura con organizzazioni benefiche e prodotti a tema arcobaleno.
Anche in questo caso gli utenti più conservatori sui social hanno reagito con campagne attive di boicottaggio, usando hashtag come #BoycottStarbucks.
La pagina Facebook del marchio è stata inondata di recensioni negative e commenti offensivi, e la tossicità si è estesa anche ai dipendenti, con alcuni gruppi di attivisti che entravano nei negozi per insultare ed esprimere dal vivo il loro disappunto.
Nonostante la negatività iniziale, Starbucks ha mantenuto la propria posizione, mostrando una coraggiosa coerenza identitaria, che alla lunga ha consolidato la fanbase, ma il contraccolpo c’è stato, e ha evidenziato il solito rischio di polarizzazione dei target qualora si affrontino temi divisivi.
Il 25 settembre 2023, Esselunga ha lanciato la campagna Adv della “Pesca”.
Ideato dall’agenzia creativa SMALL e diretto da Rudi Rosenberg, il film racconta di una bambina che, mentre fa la spesa insieme alla madre, acquista una pesca con l’intento di regalarla al padre separato, fingendo che sia un dono della madre. il gesto, carico di significati simbolici, esprime il suo desiderio di riavvicinare i genitori separati. Lo spot, un vero e proprio cortometraggio di quasi due minuti, ha suscitato un acceso dibattito online, polarizzando l’opinione pubblica e generando reazioni contrastanti. La narrazione, caratterizzata da una forte carica emotiva, si discosta dalle tradizionali pubblicità della GDO, e ha ricevuto elogi per la sua delicatezza nel trattare temi complessi come la separazione familiare e il desiderio dei figli di vedere i genitori riconciliarsi. Molti spettatori hanno apprezzato la rappresentazione autentica della realtà contemporanea, riconoscendo nel gesto della bambina un simbolo positivo di speranza. Alcuni hanno sottolineato come lo spot offrisse una narrazione “profonda e riflessiva”.
Tuttavia, proprio quella profondità emotiva ha sollevato anche molte critiche, da parte di chi ha interpretato il messaggio come una pressione ideologica e intrusiva sui valori familiari, sui genitori separati e soprattutto sui figli di coppie divise. Questa lettura ha portato ad accese discussioni, sui social, circa l’opportunità di attribuire ai bambini responsabilità emotive da adulti. Altri ancora hanno percepito nello spot una critica implicita alle famiglie separate, a favore di un modello tradizionale a scapito di altre realtà. Alcuni che hanno sottolineato anche l’uso di stereotipi di genere, ad esempio che sia compito della madre mantenere l’armonia familiare, anche dopo la separazione.
La discussione si è accesa ulteriormente con l’intervento della Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, che sui suoi profili social ha definito lo spot “bello e toccante” . Il suo endorsement ha amplificato le reazioni, con alcuni che hanno visto nella campagna un allineamento a posizioni politiche conservatrici, mentre altri hanno apprezzato il riconoscimento istituzionale di un tema sociale delicato.
In risposta alle polemiche, Esselunga ha chiarito che “La pesca” è parte di una campagna più ampia (che però, ancora non ha visto seguiti), volta a raccontare storie quotidiane che riflettono le diverse sfaccettature della società contemporanea. L’azienda milanese ha sottolineato che l’intento era di mettere in luce “l’importanza della spesa come atto che va oltre l’acquisto”, rappresentando momenti emozionanti e significativi nella vita delle persone. In questo modo l’insegna ha raggiunto l’obiettivo di stimolare una riflessione profonda, suscitando emozioni e dibattito e, così facendo, di entrare ancor più nell’immaginario collettivo.
La varietà delle reazioni suscitate online rispecchia la complessità dei temi trattati e la sensibilità del pubblico verso rappresentazioni che toccano aspetti intimi della vita familiare. Va dato atto però che la gestione social della campagna, attenta ai commenti su tutti i profili e molto misurata nelle dichiarazioni ufficiali del brand a riguardo, ha fatto sì che il discorso online non sia mai degenerato in dinamiche tossiche, eccezion fatta per alcune prevedibili reazioni estreme in entrambi i poli del pubblico, dimostrando il potere della pubblicità di andare oltre la mera promozione commerciale, per diventare un catalizzatore di discussioni sociali e culturali.
Se Esselunga è stata capace di trovare una ‘misura’ idonea a non polarizzare inutilmente la comunicazione, altre aziende non si pongono simili scrupoli nello sfruttare temi polarizzanti o controversi per attirare l’attenzione e spingere alla conversione.
Queste strategie si inseriscono in un contesto di marketing basato sulla polarizzazione, tramite cui i brand ‘capitalizzano’ dibattiti accesi o tensioni sociali per posizionarsi in modo distintivo o provocatorio, giungendo in alcuni casi alla creazione di un ‘nemico’ o di un contrasto.
Fare leva su emozioni come rabbia, indignazione o entusiasmo, genera visibilità organica grazie alle interazioni virali e anche le critiche o le controversie generate fanno parte del piano.
Nel 2018, Nike ha lanciato una campagna con lo slogan “Believe in something. Even if it means sacrificing everything” (Credi in qualcosa. Anche se significa sacrificare tutto, ndt), legata alla controversia sul campione di football NFL Colin Kaepernick e alle proteste di Black Lives Matter contro l’ingiustizia razziale.
La mossa ha diviso il pubblico, prevedibilmente, ma grazie a una gestione accurata di tutti i canali coinvolti, tenendo d’occhio bacheche e ha portato a un aumento delle vendite senza ripercussioni per brand e per il pubblico.
In altre parole, più queste strategie risultano al pubblico come occasionali e strumentali, più aumentano i rischi di comunicazione erronea connessi.
Se il pubblico percepisce che un brand sta sfruttando temi ‘caldi’ solo per scopi di marketing commerciale, può scatenare un effetto boomerang che danneggia la reputazione e conduce a un Backlash permanente. La polarizzazione può anche essere una leva, ma soprattutto è un segnale, e implica che non tutti apprezzeranno il messaggio.
Se poi l’impegno su una causa sembra superficiale o insincero, lo abbiamo visto con Chiara Ferragni, i consumatori possono accusare il brand di “tokenism“, di mero opportunismo, e poi scappano, o insultano.
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