Di deinfluencing se ne sta parlando molto in rete ed oggi proveremo a rispondere ad alcune domande per comprendere meglio il fenomeno. Vogliamo capire quali possono essere le conseguenze di questa nuova tendenza degli influencer, su specifici settori merceologici, uno tra tutti la beauty industry.
Ma facciamo un passo alla volta. “Consigli per gli acquisti”. Frase cult della televisione italiana del maestro della comunicazione Maurizio Costanzo, che nel tempo ha cambiato forma, ma mai sostanza. Da quando sono nati i mass media c’è sempre stato qualcuno che ci ha detto cosa comprare, sotto forma di “consiglio” più o meno velato. Quella che sta prendendo piede ora, però, è la tendenza a dire cosa NON comprare o quali sono le alternative più economiche in commercio. Questa vuole essere la risposta alle celebrity che promuovono prodotti di massa (e di lusso), che i giovani, in particolare, sanno di non potersi permettere.
“Non tutti i prodotti sono per tutti i consumatori”: il messaggio di chi fa deinfluencing
Ed è la Gen Z il principale destinatario del messaggio. Questo è un gruppo demografico composto da persone che vogliono sentirsi rappresentate da figure di cui si fidano, con cui possono relazionarsi apertamente e che possono ascoltare con fiducia quando si tratta di promozioni di prodotti. In questo contesto generazionale, i creators che dicono al proprio pubblico online cosa evitare di comprare o raccomandano alternative economiche a prodotti costosi (e spesso di scarsa qualità), stanno considerevolmente aumentando.
Un trend, che possiamo considerare collaterale a questo e che sta spopolando su Instagram, oltre che su TikTok, è rappresentato dalla ricerca ossessiva di #DUPE low-cost di prodotti di lusso, documentata attraverso video e reel, in cui gli influencer vestono i panni degli investigatori e vanno a caccia di “doppioni” di prodotti, principalmente beauty e make-up, nella grandi catene di supermercati e di fast-fashion. Attenzione, però, non stiamo parlando di prodotti fake! I dupes sono alternative economiche di referenze molto costose (firmate da marche high-end e che gli stessi creator contribuiscono a rendere virali), con buone performance (in alcuni casi perfino migliori degli originali!).
Come nasce il deinfluencing?
Il fenomeno potrebbe essere letto come una risposta al trend #TikTokMadeMeBuyIt, che incoraggia ad acquistare d’impulso i prodotti mostrati nei video virali dei creator. Analizzando in profondità il fenomeno, però, possiamo rintracciare ulteriori cause scatenanti.
La recessione e le difficoltà economiche del momento sono sicuramente elementi che hanno la loro incidenza nel dilagare del fenomeno, ma dietro di esso rileviamo anche la volontà di smascherare la scarsa qualità di prodotti che diventano virali e una crescente attenzione verso i temi della sostenibilità, che impongono un consumo più responsabile. Anche in questo caso è la Generazione Z a dettare le regole: i consumatori più giovani tentano di liberarsi dall’eccesso in favore di acquisti più consapevoli.
È per questo che molti influencer nei video di deinfluencing mostrano scorte di prodotti, accumulate nel tempo in seguito alle collaborazioni avute con i brand, e discutono di come non si sentano più a proprio agio nel promuovere un consumismo eccessivo. Altri stanno de-influenzando i propri follower (oltre se stessi) da spese inutili. Questa tendenza ha provocato numerose reazioni online: i giovani sfidano se stessi a sbarazzarsi di tutto ciò che è superfluo e a non acquistare nulla di nuovo.
Deinfluencing e credibilità degli Influencer
Il deinfluencing sta, quindi, riscrivendo il copione delle tradizionali sponsorizzazioni sui social media e del marketing digitale in generale.
Per gli influencer questo è un nuovo modo per costruire la propria credibilità: agli occhi dei propri follower devono apparire onesti e autentici. In un universo online saturo di partnership retribuite, il pubblico è affamato di autenticità. Un sentimento che affonda le radici nel malessere di vivere in una società in cui ci si sente costantemente venduti e che viene percepito in particolare dalla Gen Z.
L’autenticità è una delle parole più abusate nell’influencer marketing, ma rimane la più cruciale. Il de-influencing è il risultato della lotta in favore di essa.
Il trend online: uno sguardo analitico
#Deinfluencing è oggi un hashtag da 388,7 milioni di visualizzazioni su TikTok.
Il trend ha da subito attirato la nostra attenzione. Prima di porci domande dal punto di vista strategico su come esso può impattare sulle azioni di web marketing e, più nello specifico, sulle campagne di influencer marketing, è importante comprendere il fenomeno da un punto di vista analitico. Utilizzando il tool di Social Listening & Market Intelligence Digimind abbiamo estratti dati interessanti sull’uso dell’hashtag.
Abbiamo analizzato il trend temporale dell’hashtag su TikTok.
Il picco di utilizzo dell’hashtag è rilevabile a febbraio 2023. Un caso molto discusso, che ha scatenato un incremento del dibattito online sul #deinfluencing è quello della beauty influencer di TikTok Mikayla Nogueira. Pesanti critiche le sono piovute adosso, dopo la pubblicazione di un video in cui ha mostrato il risultato dell’applicazione di un mascara sponsorizzato, indossando delle ciglia finte.
Attraverso il tool di Digimind abbiamo, poi, analizzato quali sono gli hashtag correlati a #deinfluencing, più utilizzati su TikTok.
Dall’analisi relativa agli account di TikTok rileviamo che la tendenza ad utilizzare l’hashtag è più femminile.
I principali prodotti citati fanno parte sostanzialmente di due ambiti merceologici afferenti alla beauty industry:
- Cosmesi & Skincare
- Make-up
Cosa ci riserva il futuro?
Ci chiediamo se questo trend durerà e coinvolgerà altri settori, come il turismo e il food, oppure se calerà appena l’economia globale sarà in ripresa. Solo il tempo ci potrà dare una risposta. Ciò che è evidente è che questo trend ha avviato una riflessione tanto urgente quanto necessaria su come e quanto acquistiamo.
Il deinfluencing è un pericolo per la beauty industry, che lavora a stretto contatto con gli influencer?
Le aziende che perseguono l’eccellenza non hanno nulla da temere, ma è necessario fare affidamento a strategie di Influencer Marketing etiche, non costruite su false approvazioni di influencer. Piuttosto, il deinfluencing dovrebbe far riflettere le aziende del settore beauty sui temi correlati al fenomeno: sulle questioni ambientali e sulla necessità di proporre prodotti di bellezza davvero sostenibili.
Questa non è la fine dell’influencer marketing. De-influenzare è anch’esso influenzare. Si tratta sempre di consigliare e vendere. Quello che possiamo aspettarci, tuttavia, è che gli influencer abbiano posizioni più autentiche, nel tentativo di assicurarsi la fiducia dei follower. Questo, ovviamente, è fatto tanto per proteggere le proprie entrate quanto per mostrare la propria eticità.
Con il Deinfluencing vale ancora la pena investire in Influencer Marketing?
La risposta è Sì, ma a condizioni precise. La credibilità di un brand passa anche attraverso la persona che viene scelta ed arruolata come Influencer. Non basta inserire “Adv”, “Gifted”, “Supplied by”, per essere in regola con il pubblico e questo vale sia per il brand che per l’Influencer. Scegliere le giuste persone che dovranno “rappresentare” l’azienda e promuovere i prodotti è fondamentale: è il primo passo per avvicinarsi alle persone ed interagire con esse. Le tendenze sui social media sono volubili, si sa, l’entusiasmo verso il deinfluencing potrebbe svanire quando le condizioni economiche miglioreranno. Questo, però, è un buon momento per rivalutare le strategie di Influencer Marketing, assicurarsi di collaborare con i creators giusti, affini al proprio brand per i valori sostenuti e non solo per il proprio ambito d’influenza. Coinvolgere in una campagna creators che hanno espresso spontaneamente un interesse verso un brand o hanno acquistato in precedenza i suoi prodotti e ne hanno parlato alla propria community, rende la successiva interazione con il pubblico più autentica, anche se frutto di una sponsorizzazione.
L’Influencer Marketing è ad un nuovo livello, sì: il nuovo paradigma su cui si basa si fonda sul non creare un overload di contenuti sponsorizzati che affollano i profili e sovraccaricano il pubblico di informazioni. Il pubblico è pur sempre sovrano e con un tap ad una stories può rendere vano l’investimento in adv fatto.