Dal funnel lineare all’Influence Map. Il nuovo paradigma per l’Advertising e la digital strategy.

Carmen Pierri

10 Ottobre 2025

Carmen Pierri

10 Ottobre 2025

A lungo, il marketing digitale si è basato su un modello semplice e rassicurante, Il funnel. Una sequenza ordinata e lineare che scandiva il percorso del consumatore attraverso tre fasi ben definite: awareness, consideration, decision, immaginando che l’utente si muovesse come in un imbuto, cominciando dall’ampio interesse iniziale per giungere al momento dell’acquisto. Oggi, però, la realtà è profondamente cambiata.

I dati lo confermano: i percorsi non seguono più un andamento regolare.
Si sono evoluti, diventando frammentati, dinamici e, soprattutto, personalizzati.
Gli utenti si muovono all’interno di quello che Google definisce “messy middle”, un territorio complesso in cui i punti di contatto si moltiplicano e si intrecciano.
Capita così che una persona scopra un brand su YouTube, lo ritrovi distrattamente nel feed di Instagram, cerchi recensioni su Google, aggiunga un prodotto al carrello di Amazon e, dopo qualche giorno, decida di acquistarlo in un negozio, fisico o online.

In questo scenario, lo studio It’s Time for Marketers to Move Beyond the Linear Funnel realizzato dal Boston Consulting Group suggerisce di superare definitivamente la logica del funnel, per adottare l’approccio dell’influence map: non più un modello che misura la sequenza dei passaggi, ma una rappresentazione che attribuisce un peso diverso ai singoli touchpoint, valutandone l’impatto sulle decisioni del consumatore.

Per chi si occupa di pianificazione media, questo nuovo paradigma è un vero e proprio cambio di prospettiva, che richiede nuovi strumenti, nuove metriche e, soprattutto, una diversa mentalità strategica.

Perché il funnel tradizionale non funziona più

Il customer journey diventa sempre più complesso, dunque, e in tal senso il funnel lineare presenta grossi limiti, perché presuppone un unico percorso valido per tutti, ignora i salti e i ritorni tipici della fruizione in digitale e considera i touchpoint in modo isolato, quando in realtà uno stesso contenuto può influenzare più fasi contemporaneamente (ad esempio un video tutorial che informa ma al tempo stesso convince all’acquisto).

Cambio di prospettiva: arriva l’influence map

I dati evidenziano come i consumatori non seguano più percorsi lineari, ma intreccino comportamenti diversi tra streaming, scrolling, search e shopping. Questo intreccio di touchpoint costituisce ciò che BCG definisce l’influence map: una rappresentazione dinamica e realistica dei momenti che hanno il maggiore impatto sulle decisioni di acquisto.

Secondo BCG i “4 comportamenti chiave” sono:

AzionePiattaformaComportamento
StreamingYouTube, Netflix, piattaforme OTTRicerca contenuti di intrattenimento e informativi, consumo di contenuti continuo
ScrollingSocial, App MobileFruizione rapida e frammentata,
consumo di contenuti
SearchMotori di ricerca, e-commerce, marketplace Momento di approfondimento e comparazione
ShoppingStore offline e online Conversione in modalità fluida tra store fisico e digitale

La forza del modello è che non impone un ordine, ogni consumatore può partire da un touchpoint diverso, tornare indietro, saltare fasi.
Per il media planner arriva una grande sfida: ripensare la strategia non più come un percorso unico, ma come una mappa di possibili traiettorie da monitorare e presidiare.

Come stanno cambiando i comportamenti degli utenti online

L’influence map non è solo un nuovo modello teorico.
Riflette il modo in cui i consumatori oggi cercano, valutano e decidono.
Se prima la ricerca era un atto quasi esclusivamente legato ai motori di ricerca, oggi assume forme diverse, e si arricchisce di nuove dinamiche.
Un cambio significativo riguarda la social search, in particolare tra i più giovani, che sempre più spesso iniziano il proprio percorso di scoperta su piattaforme come TikTok o Instagram, prediligendo contenuti brevi, immediati e recensioni autentiche. Si tratta di un fenomeno in rapida crescita che i brand non possono trascurare, anche se rappresenta solo una parte dei nuovi comportamenti digitali.

Il vero punto di svolta sta nell’introduzione dell’AI nei motori di ricerca.
Le query non producono più solo una lista di link, ma generano risposte articolate, arricchite dall’intelligenza artificiale e capaci di combinare in tempo reale informazioni provenienti da più fonti.
La visibilità di un brand non dipende solo dal posizionamento organico o dall’advertising tradizionale, ma dalla sua capacità di emergere come contenuto autorevole e rilevante all’interno delle sintesi prodotte dall’AI.
Questo scenario rende evidente quanto la search non sia più un passaggio “tecnico” ma un momento critico di influenza, capace di determinare la percezione del brand e di guidare la scelta in maniera più rapida e diretta rispetto al passato.

Il ruolo strategico del video

In parallelo a questa trasformazione della ricerca, la video advertising si conferma come uno dei touchpoint più potenti e trasversali dell’influence map. Non è più confinato alla sola fase alta di awareness, ma accompagna l’utente lungo l’intero processo decisionale perché un contenuto video può informare, rassicurare, ispirare e convincere.

YouTube in particolare, si distingue per la sua autorevolezza.
Non è percepito solo come canale di intrattenimento, ma è piuttosto uno spazio di informazione credibile, in grado di influenzare la consideration e persino la conversione più di altre piattaforme social. Il suo valore risiede proprio nella capacità di combinare contenuti di ricerca, intrattenimento e opinione, posizionandosi a metà strada tra il mondo “search” e quello “social”.

Per chi pianifica una digital strategy, questo significa che il video è una leva essenziale da integrare in una regia più ampia: con la search che diventa conversazionale grazie all’AI, con i social che intercettano nuovi comportamenti di discovery, e con lo shopping che si fluidifica tra online e offline.

Integrare i touchpoint: una digital strategy dinamica

Alla luce di tutte queste trasformazioni, il vero vantaggio competitivo non deriva solo dalla capacità di presidiare singoli canali, ma dalla capacità di orchestrare tutti i touchpoint in modo coerente e fluido.
Per un media planner significa ripensare la propria strategia come un ecosistema integrato, dove video, search, social e shopping dialogano tra loro. Il video diventa un nodo della rete, capace di rafforzare la brand awareness, guidare la consideration e supportare la conversione.

La search, grazie all’AI, assume un ruolo di sintesi e guida, mentre i social intercettano i comportamenti di discovery e le dinamiche di coinvolgimento più rapide.

Grazie all’influence map e al nuovo approccio che ne deriva, sarà possibile costruire esperienze utente più rilevanti, ridurre dispersioni di budget e aumentare l’efficacia delle campagne: ogni investimento è mirato a influenzare realmente il comportamento del consumatore nei momenti che contano di più.

Fatevi
sentire.

La vostra crescita parte da qui. Senza impegnarvi, senza bisogno di troppi dettagli. Ma iniziamo a conoscerci, o non scoprirete mai cosa Viralbeat può fare per voi. Scriveteci e vi ricontatteremo, pronti ad ascoltare. E a proporre.